Il piccolo e coinvolgente libro di L. Sepulveda, “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegno' a volare”,(1996, Salani ed.) narra di un gatto, chiamato Zorba, che ha il compito di occuparsi della nascita e della crescita di Fortunata, una gabbianella molto simpatica, che cresce nella convinzione di essere un gatto. Arriva il giorno in cui Fortunata dovrà imparare a volare e Zorba, il gatto, avrà il compito di insegnarle ciò che egli stesso non è in grado di poter fare, imparare a volare. Fare il genitore di una colomba non è compito semplice per un gatto ma deciso, nella sua promessa, escogita una serie di strategie. Fino a che...
Come si diventa buoni genitori? Ardua, la risposta a tale domanda. Forse, come fece il gatto Zorba. Affidandoci al naturale istinto di accudimento e protezione della natura, facendo riferimento alla propria esperienza di figli, ascoltando suggerimenti e punti di vista altrui, cercando risposte nell'“enciclopedia” ( come faceva il gatto Diderot, il dotto amico di Zorba). L'insieme di tutto questo, ed altro ancora.
Diventare buoni genitori è un compito difficile e delicato. Richiede cura, dedizione, impegno, capacità di saper riconoscere i propri errori, pazienza e tanto amore. Richiederebbe anche la capacità di saper essere buoni genitori per se stessi, prima ancora che con figli. Ma questo è un compito da giganti perchè si sà, è più semplice fare i genitori ad altri piuttosto che a se stessi. Appare comico che in un'epoca in cui tutto sembrerebbe ruotare intorno ai “diritti dei bambini” vi siano delle evidenti e paradossali contrarietà sul piano della “realtà”. Esse, le difficoltà, non sembrerebbero aiutare i bambini, né tanto meno i genitori che, in particolare misura, affermano di avere bisogno di comprendere per poter comprendere. Gli status simbol che la “società” ci propone sono sempre generosi nell'offrire “affascinanti spiegazioni.” Senza contare sui “buoni e costruttivi” esempi. I centri, sempre più numerosi, nelle grandi città abbondano di bambini e vincitori allo stesso tempo di premi Oscar. Nella danza, nel canto, nello sport, nelle arti marziali, nella musica, nell'arte in tutte le sue forme. Essi riescono a diventare Piccoli Vip capaci di esibirsi in TV, con sapienza e disinvoltura, vestiti da grandi, truccati da grandi attori. L'uso esperto del computer, del telefonino, del motorino e perfino, dell'automobilina senza patente hanno preso, ormai, il sopravvento sui commoventi cartoni animati di Heidi, Ape Maja, Anna dai capelli rossi, Remì. Le bambole, oggetti antichi di un passato recente, servono solo o quasi per essere vestite da principesse e truccate da famosissime modelle. La bicicletta! No, non si vede quasi più. Grandi poveri bambini costretti a camminare in fila indiana per permettere il passaggio delle automobili impazzite dal traffico urbano. Mancano forse i marciapiedi ma costano troppo per le anonime strade della periferia. E quando ci sono bisogna imparare a saper dare la precedenza ai motorini. Grandi ricchi bambini accompagnati a scuola o al centro danza classica-ballo latino/americano con la macchina di mamma o di papà, appena lucidata di fresco. Impazienti, come spesso accade, perchè c'è la tensione di non voler far tardi in ufficio o perchè c'è ancora la spesa da fare e, tra un po', chiude anche il supermercato. Una giornata di sole in campagna nel fine settimana sembrerebbe come la pagina di un romanzo di inizio Novecento dove si vedevano bambini correre felici nel prato o, raccogliere frutti maturi dagli alberi che madre natura offriva con generosità. Giocavano con la terra e l'acqua, li facevano diventare fango per, poi ,creare artistiche formine con l'aiuto della fantasia. Si improvvisavano guerrieri, lottatori, avventurieri, fabbricavano armi con i rami secchi degli alberi raccolti da terra.. Studiavano il comportamento delle farfalle, delle lumache, degli insetti e, a volte, diventavano anche dei “terribili carnefici”. Eppure, in una reente gita campestre con alcuni amici e un bel gruppo di bambini, ebbi modo di constatare come i piccoli fossero abili e competenti nel saper ricopiare, meticolosamente, i giochi di fantasia raccontati nella pagina del romanzo di inizio Novecento. Erano contenti ed emozionati. La sera, a distanza di alcune ore dal tramonto, si mostrarono contrariati di dover andare via. Chissà come mai.
Forse, ciò che più potrebbe stupire è che sono le regole ad essere cambiate. E non solo le regole del gioco. Ci sentiamo manipolati da una società che cambia rapidamente, anche troppo rapidamente. Ne accusiamo tutti gli effetti, positivi e negativi insieme. Ci “dobbiamo” adeguare, altrimenti corriamo il rischio di rimanere IGNORANTI . E questo non può non influenzarci nel desiderio di voler dare ai figli il meglio che possiamo dar loro. Ma forse, è utile anche domandarci chi è che costruisce la società e le sue regole. Se “il meglio” che facciamo per i figli è ciò che veramente serve per loro, li fa stare bene e li aiuta a crescere forti, capaci, determinati. Asha Phillips (1999; 2008) sottolinea, in modo decisamente accurato, come la capacità dei genitori di saper dare regole e confini ai figli anche molto piccoli, sia basilare per una loro sana e buona crescita psicologica. In genere, le madri sono completamente proiettate sui loro bambini, tanto da rendere tale rapporto “ un rapporto esclusivo” . Un rapporto in cui il papà smette, per un periodo di tempo variabile, di essere e sentirsi compagno della donna e coo-creatore della nascita del loro piccolo. Saper dare dei confini al piccolo, sostiene la Phillips, è invece utile e sano sia per proteggere l'intimità affettiva della coppia, sia per la crescita equilibrata del loro bambino. Per esempio, quando il piccolo piange perchè non vuole essere lasciato neanche un minuto da solo è importante saper parlare con dolcezza ma con ferma decisione dicendogli“Adesso, la mamma ha bisogno di parlare con papà. Puoi aspettare. Sei sazio, pulito, pieno di un'intero pomeriggio trascorso insieme a giocare e passeggiare, soli io e te. Quindi, per favore, aspetta. Poi, saremo subito da te”. Con frasi di questo tipo e con l'aiuto del compagno e padre, la madre e i genitori insieme, forniscono al figlio la percezione del limite, del confine, dell'io sono. Esisto. Il bambino quando è solo può diventare un attento osservatore di ciò che lo circonda e, in particolare del proprio corpo. E' come se dicesse a se stesso “Toh ! Guarda un po'. Queste sono le mie mani”! Comincia ad imparare che c'è una differenza tra sé e l'altro. Crescendo imparerà che ci sono dei confini tra sé e gli altri, tra sé e il mondo esterno. Saprà riconoscere l'utilità della buona interazione con altre persone e con l'ambiente più ampio di cui fa parte. Accetterà e rispetterà le regole che governano il suo mondo grazie ai “no” e ai “si” che i genitori gli hanno saputo abilmente trasmettere. Apprenderà anche a dire di “si” e a dire di “no” difendendo i suoi punti di vista e i suoi valori di riferimento interni, nel modo socialmente più adeguato e rispettoso. Riconoscerà che lui viene influenzato dagli altri ma che può anche influenzare gli altri.
Qualcosa di questo tipo, ad esempio, può accadere quando ci chiediamo se la colazione portata a scuola dal bambino è veramente buona per lui e per la sua crescita. Se abbiamo la possibilità di evitargli o meno di mangiare l'ennesima merendina prodotta industrialmente, o se la possiamo sostituire con il pezzo di crostata buonissima preparata in sua compagnia durante il pomeriggio. Ci lasciamo o no condizionare “incondizionatamente” dagli altri e da noi stessi? Possiamo o no discutere, anche con i bambini, sui perchè la merendina è meno “saggia” della crostata? Riusciamo a dire di “no” anche quando faranno i capricci? Abbiamo o no la possibilità di evitare che siano sempre loro a dare la precedenza ai motorini e alle “auto innervosite” dallo stress cittadino? Sappiamo difendere i parchi delle città dai rifiuti abbandonati e, spesso, pericolosi per la salute dei bambini? Sappiamo rispettare l'”area verde” e riconoscere il loro bisogno legittimo di voler giocare? Si potrebbe continuare all'infinito...Ci sarebbe, in ogni caso da chiederci: sappiamo dire di no? E cosa, forse, più importante: sappiamo come fare per dire di si?
Oggi c'è più che mai bisogno di riscoprire il genitore e, in particolare modo, abbiamo bisogno di riconoscere l'Adulto genitore ( Boggio Gilot L. 1997; 2006; 2010).
Leggiamo articoli e articoli per farli crescere bene, per comunicare nel modo più corretto con loro. Bisogna, però, aggiungere che la sana comunicazione non è una tecnica, non è un modo di fare soltanto. Ci sono tanti bambini e tanti genitori. Sarebbe forse il caso di chiederci in quale romanzo possiamo ritrovare anche gli Adulti.
Riferimenti bibliografici:
-Boggio Gilot L., “Crescere oltre l'io”- 1997-Cittadella ed.
-Boggio Gilot L., “Curare mente e cuore”-2010- Satya, AIPT ed.
-Phillips A., “ I no che aiutano a crescere”-1999, 2008- Feltrinelli ed.